Maria Luisa Busi , ve la ricordate? Sì proprio lei la conduttrice del TG1 scomparsa improvvisamente dal video dopo 16 anni di mezzo busto.
Quella bella bionda dal piglio sicuro, persino un po’ algido che bucava lo schermo con la baldanza del gesto e della voce.
Non proprio simpatica a dire il vero, così apparentemente fredda , laconica, lapidaria, ben salda sull’arcione della notizia come un cavaliere nella lizza .
Il primo impatto poteva richiamare qualcosa di simile ad un reperto ancor guizzante sotto la formalina.
Ebbene quella che più di qualcheduno contemplava come una virtuale icona senz’anima, si rivela in realtà una donna di gran cuore,vibrante di sdegno e di passione, una Clorinda di ferro all’assalto della fortezza del disinganno.
L’argento vivo della sua autrice si riversa tutto intero nel sua ultima creatura editoriale.“Brutte notizie”è un libro di denuncia ruvida e muscolosa di quello che succede davvero nel paese reale , stretto nella morsa della crisi economica e sociale.
Non a caso l’incipit del libro apre con la seguente frase di Pericle:”Riteniamo che il segreto della felicità sia la libertà, e il segreto della libertà il coraggio”.
E il coraggio certo non le manca.
Nel maggio 2010 ha rassegnato le dimissioni dal TG1 perché in disaccordo con la linea editoriale della nuova direzione. Gesto di grande eco, balzato alla ribalta della cronaca per avere dato visibilità ad un disagio diffuso nel mondo giornalistico insofferente di essere relegato al ruolo di replicante terminale di linee editoriali appecorate al dictat governativo.
Maria Luisa getta il cuore e la mente del giornalismo oltre il nero di seppia di una stampa oscurantista e mistificatrice dei fatti, ribadendo la doppia sostanza del giornalismo: dare voce a chi non ce l’ha ,a chi non ha visibilità mediatica e rendere servizio pieno alla verità del fatto.
“Il giornalismo- secondo una dichiarazione dell’Usigrai, – è il cane da guardia della democrazia e non del potere.”
Fa eco Michele Serra:”Per un giornalista manomettere la verità è un crimine, tale e quale per un fornaio sputare nel pane che vende. Qui non si tratta di opinioni, di interpretazioni,di passione politica , è proprio una frode , una lurida frode”.
Una vera e propria crociata del vero è quella che percorre da cima a fondo l’inchiesta della Busi quasi a voler ribadire che lo strumento chiave della stampa è quello delle inchieste che devono tornare ad avere spazio all’interno delle edizioni principali dei telegiornali senza tabù e senza timore di entrare in rotta di collisione con interessi e convenienze politiche.
E’ da qui che l’autrice fa partire la sua campagna di denudamento dell’infotainment ( l’informazione retrocessa a intrattenimento, a copertina patinata)
Dallo scenariodel terremoto aquilano, al popolo degli invisibili, ai casi di scuola,al sogno spezzato del nord-est, al dramma dell’immigrazione, alla condizione femminile, per chiudere con il TG1 me(i)nzo(li)niero: queste le stazioni della sua incursione sull’Italia vilipesa, stagliate sullo sfondo dell’assoggettamento dell’informazione alla politica.
“Il salto di qualità”richiesto dal “Grande Gioco”, che ha nel TG1 una delle sue pedine principali, è il passaggio dal controllo dell’informazione alla sua trasformazione in propaganda”.Così la Busi nel capitolo in cui smonta pezzo a pezzo il baldacchino mediatico costruito intorno al “miracolo”della assegnazione edilizia ai terremotati dell’Aquila .
Subito inciampiamo nella prima grande bufala:
la realizzazione delle cosiddette case di Berlusconi a L’Aquila.
I terremotati in totale sono stati 70mila più 28mila studenti.Le persone in qualche modo assistite in Abruzzo ammontano a 56.298. Di queste solo 14.349 hanno avuto una “casa di Berlusconi”, poco più di un quarto del totale degli assistiti, un quinto dei terremotati.
E i rimanenti 40mila del miracolo aquilano? Stanno ancora aspettando, taluni ospitati da parenti, talaltri in sistemazioni provvisorie, moltissimi spiaggiati in alberghi della costa.
Morale sonante della favola: bruciate risorse per 1miliardo e 200 milioni di euro.( di cui 65 milioni a fondo perduto per gli albergati solo nel primo anno)
Conosco l’obiezione. Spese necessarie. Passabile,se non fosse per il costo esorbitante di 2428 euro al metro quadro per ciascuna casetta in muratura e 1000 per quelladi legno, l’equivalente quest’ultima del costo di costruzione di un normale appartamento.
Con i soldi spesi per il piano C.A.S.E pervicacemente voluto da Berlusconi, si potevano costruire almeno 10 mila abitazioni invece di 4449, risanare gli edifici ancora agibili, iniziare la ricostruzione delle aree danneggiate.
E l’informazione che dovrebbe riferire sui dati post terremoto? Perché non si fa alcun cenno al fatto che a tuttoggi non c’è nessuno strumento operativo che interviene a favore delle attività produttive preesistenti al 6 aprile 2009?
Il sindaco Cialente aveva invitato i giornalisti a visitare con lui il centro storico per riportare all’attenzione dell’opinione pubblica le verità su L’Aquila.
Molti sono andati e alcuni ne hanno scritto.
I soli a … non partecipare sono stati quelli delle più importanti testate televisive , i TG di Mediaste e il TG1.
Voltiamo pagina. Seguono quadri di macelleria sociale, quelli che L’Italia, dipinta a tinte pastello da certa stampa, oscura; quelli che vedono protagonisti i disoccupati, i cassaintegrati, gli immigrati in attesa di permesso di soggiorno, giovani senza futuro, la vita che attende gli operai di Mirafiori alla catena di montaggio toyotizzata .Il lavoro è dignità, è impegno civile ma alcuni dell’Alitalia con figli handicappati sono stati messi in cassa integrazione.
A proposito, quella del salvataggio dell’Alitalia è stata davvero un’operazione così riuscita se lo Stato( cioè noi contribuenti) ci ha rimesso 2 miliardi? I pronostici per il futuro di CAI( la nuova Alitalia)dicono che andrà avanti ancora per qualche anno, poi verrà assorbita da Air France( azionista per il 25%), gli italiani si troveranno con un bel debito da pagare , mentre la cordata Cai rivenderà, farà un sacco di soldi e uscirà di scena. E dei dipendenti che ne sarà di loro? Intanto la scure dei licenziamenti del personale di terra continua a funzionare. Non era meglio bypassare vendendo subito ad Air France? Il logo Alitalia avrebbe continuato a campeggiare sui nostri vettori.
Intanto le anomalie non si contano: atterraggi di emergenza per insufficienza di carburante, turni di lavoro dei piloti del tipo:45 ore di volo in una settimana sulle tratte intercontinentali, a spregiodei recuperi fisilogici, quando il limite ministeriale massimo eccezionale è di 100 in 28 giorni. In 30ore si può passare dal fuso di New York a quello di Tokyo. Poco si parla di avarie ricorrenti che hanno costretto Alitalia a ritirare due A330 dalle rotte transoceaniche. Su questo e altro è caduta una coltre di silenzio. Ma, evviva,è stata salvata la compagnia di bandiera in nome dell’italianità.
Efficienza del governo! Ma dov’era il governo nella vertenza Marchionne- Mirafiori?.
Altra pagina , altra valanga di “brutte notizie”.
Lo sapevate che il 15% delle scuole italiane sono chiuse e più di 12mila sono da ristrutturare?
Che le famiglie versano una quota volontaria per mandare avanti la scuola dei loro figli? Che si tagliano gli inseganti di sostegno( checché ne dica la Gelmini sono ben al disotto della richiesta) che un professore delle superiori in Italia guadagna in un anno la metà del suo collega tedesco? Dulcis in fundo il ministro Brunetta si è lasciato andare alla seguente soave dichiarazione :“ La qualità del capitale umano ( nemmeno professionale!) dei nostri insegnanti non è all’altezza delle sfide della società contemporanea”
Forse il ministro non sa che una delle più alte concentrazioni di esuberi orari non retribuiti è proprio nella scuola. Che malgrado si lavori con classi di più di 30 alunni, spesso tutti maschi arrapati ,perlopiù svezzati negli stadi, si deve riuscire a fargli entrare in testa che Beatrice è la metafora della teologia!?
Per non parlare della storica tragedia del precariato.
Ci consola la Busi lanciando il cuore dentro la notizia.”Gli insegnanti : piccoli eroi ed eroine dei nostri giorni. Loro fanno un lavoro enorme . Loro fanno la differenza : peccato che nel racconto televisivo dell’Italia quella differenza diventi in-differenza.”
E avanti così, le brutte notizie si sommano quando si parla di donne uccise , stuprate, mercanteggiate, ridotte a replicanti di genere, donne che guadagnano 21% in meno dei loro colleghi maschi, donne che poster pubblicitari di case produttici di pannelli fotovoltaici invitano a “ montare a costo zero”.
Quisquilie a confronto del dato che parla di una donna su tre uccisa dal proprio uomo ogni tre giorni. Il dato è impressionante. Ogni anno in Italia oltre cento donne vengono uccise per mano di un uomo, la percentuale di donne vittime di violenza fisica o sessuale sfiora il 40%.La colonna di orrore è tale che ha raggiunto i piani alti del ministero delle Pari Opportunità.
Sembra che nascerà un osservatorio sul trattamento delle donne nella televisione pubblica per volontà della ministra Carfagna. Sarà vero?O resterà uno dei tanti proclami ? Frattanto l’Italia si posiziona al settantaduesimo posto, a un incollatura dalla Tanzania, in materia di lotta alla discriminazione di genere.
Per il momento la donna vera con i suoi problemi , quella che si impegna nel doppio lavoro, nel volontariato, che fa impresa, che spacca la lira in dieci, quella irrimediabilmente esclusa dal mercato del lavoro( Il 49%!), non ha alcuna rappresentazione nella comunicazione offerta dal servizio pubblico. La rappresentazione dignitosa nonché reale della figura femminile semplicemente non esiste.
In materia di donne sembra proprio che il potere abbia scambiato il triangolo: persona, diritto, pari opportunità, con un altro triangolo molto più antico della costituzione.
Ce ne fosse una in via dell’Olgettina , brutta, chiatta e sopra i 20!!
Se il nostro premier, dominus della pubblicità attraverso Publitalia ,anziché fare le telefonate in procura, le facesse ai direttori di rete in questi termini:- Mi consenta gentile direttore , si potrebbero avere meno tette , meno vallette?- L’effetto bon ton sarebbe assicurato.
Le brutte notizie sono sempre esistite, soprattutto oggi che i poveri cristi sono abbandonati sulla riva dalla fiumana della crisi, della globalizzazione e del malgoverno.
Ma non è questo il punto,il punto è che certo etere le distorce, le stravolge, quando non ritiene più politico occultarle del tutto.
E’il caso di quanto sta accadendo nel florido nord-est.
Nord-est, il sogno spezzato. Questo il titolo del terzultimo capitolo del libro.
Secondo i dati della Cisl tra il 2008 e il 2010, sono 42mila gli imprenditori, artigiani e lavoratori autonomi che hanno chiuso i battenti in Lombardia, Veneto, Friuli. Erano parte di quell’esercito di piccole imprese che costituiscono la spina dorsale dell’industria italiana.
Nel 2009 il quotidiano francese “ le Monde” irradia un reportage sulla crisi delle piccole imprese italiane.E’ un bollettino di guerra: tra febbraio e marzo 18 suicidi quasi tutti nel nord-est. Nel marzo 2010 il ministro Zaia lancia l’allarme: bisogna assolutamente aiutare i piccoli imprenditori.
Quel giorno i titoli del TG1 sono: l’inverno ostinato, l’uomo che parla alle tigri,e i telefonini indistruttibili. Nell’agosto 2010 nessun titolo di testa del TG delle 20 sulle 80mila persone che hanno perso il lavoro nel mese di luglio mentre TG1 e TG5 aprono con “l’industria che vola, la produzione industriale tornata al top del 2000”. Peccato che fonti certe testimonino che la produzione industriale è del 21% al di sotto dei livelli del secondo trimestre 2008, prima dell’inizio della crisi e che il reddito medio degli italiani è meno 7%.
E intanto il bollettino continua a snocciolare i suoi macabri annunci.
4 giugno 2009 : si uccide un imprenditore di Prato, 3 agosto un altro sempre a Prato. Taranto, ottobre: un imprenditore si cosparge di benzina. Dicembre, in provincia di Treviso, suicida un imprenditore di 61 anni. A febbraio il lutto colpisce Noventa Vicentina. A marzo è la volta di un artigiano edile a Padova ( è il quarto dall’inizio dell’anno).Emanuele , 28 anni si è impiccato in un magazzino. Un operaio trentacinquenne , sposato,si è cosparso di benzina e si è dato fuoco due mesi dopo il fallimento dell’azienda. Andrea, si è lanciato in mare con la sua auto per liberarsi dall’incubo della cassa integrazione e dei turni di lavoro massacranti. Un altro imprenditore di Treviso si è tolto la vita perché non sopportava di dover licenziare i suoi dipendenti
Allarmate, la provincia e la Camera di Commercio istituiscono un numero verde per gli imprenditori in difficoltà.
Il servizio è subito tempestato di telefonate. C’è il caso di un consulente aziendale padovano di trentacinque anni in odore di suicidio passato da un portafoglio clienti di dieci aziende a zero.
C’è il piccolo imprenditore che per non confessare alla famiglia il tracollo, da sei mesi esce di casa dicendo di andare al lavoro. Le richieste di aiuto arrivano da uomini
compresi in una fascia di età tra i trentacinque e i quarantacinque . 350 in quattro mesi! Un’imprenditrice di abbigliamento si accampa in una piazza di Firenze. Le banche le hanno negato un credito e non ce la fa a sopravvivere.
Credito e amministrazione pubblica non aiutano le imprese soprattutto le piccole. I grandi non pagano e sopravvivono, i piccoli affondano.
Sul fronte dell’impresa giovanile ai giovani che si inventano nuove attività va meno di un euro su sessanta.
Un mare di persone lasciate sole ad affrontare l’emergenza.
Sbotta Elena, una di loro:“Con quale stato d’animo pensate che abbiamo reagito alla dichiarazione pubblica di Berlusconi secondo cui “le notizie sulla crisi non dovrebbero essere rese note perché creano pessimismo ;il sistema bancario è solido e il sistema delle imprese non dovrebbe soffrire di carenze di liquidità”?.
Ebbene come pensate che abbiano raccontato la crisi i telegiornali?
E via con la semplificazione! E via con i dirottamenti della notizia! E via con la fabbrica della paura!
“Rispetto al resto d’Europa-sostiene Ilvo Diamanti- la tv italiana è più funzionale alle esigenze della politica nel comunicare l’agenda delle paure”. Risultato: un’informazione superficiale quando non manipolatoria quando non orrorofila.
La cronaca insiste sulle paure e sulle emergenze per creare allarmismi in realtà privi di fondamento come quello che dà la quota di stranieri presenti in Italia ad un quinto della popolazione mentre ammonta al 7%. In egual modo tra gli italiani è diffusa la convinzione che nel nostro paese ci siano più immigrati che regolari mentre è vero il contrario, che la stragrande maggioranza dei reati sia compiuta da extracomunitari quando donne, uomini e bambini che non hanno commesso alcun reato talvolta trascorrono più tempo in detenzione che i criminali colpevoli.
Secondo un comunicato ufficiale dell’ONU “da un esame di 5684 servizi televisivi solo 26 non legavano l’immigrazione ad uno specifico evento criminale o a questioni di sicurezza”.
Quanti italiani sono stai messi a conoscenza dai tg circa l’odissea che deve affrontare lo straniero che vuole entrare regolarmente nel nostro paese? Quanti hanno appreso da quei canali che un minore , figlio di extra comunitari irregolari può andare a scuola fino a diciotto anni, e poi, anche se a ridosso del diploma , deve lasciare la scuola perché con la maggiore età entra nella schiera dei clandestini?
Insomma, quella della contraffazione – oscuramento della notizia è una
tecnica sottile, elaborata per montare ad arte stati emotivi facile strumento della manipolazione a fini politici come quella che inneggia all’efficienza governativa nella risoluzione delle questioni vissute come minacciose per il quieto vivere degli italiani.( un esempio per tutti: lo smaltimento dei rifiuti a Napoli). La regola dell’informazione è dunque riassunta nel motto: allarmare per tranquillizzare.
Nell’ultimo capitolo intitolato”C’era una volta un Tg”, la Busi affronta la disanima delle cause profonde e gli aspetti della degenerazione in cui versano le testate televisive trasformate dai direttori dei centro destra in veline governative.
Siamo al TG1. Già nel 2000 sono in molti i giornalisti che contestano la linea editoraiale di Rossella. Lo scontro si fa più aspro nel 2008, direttore Mimun nominato da una maggioranza di centro-destra. Si affacciano le prime dimissioni e rimozioni. Dal vicedirettore Daniela Tagliafico ai conduttori Tiziana Ferrario, Paolo Di Giannantonio, Piero Da Mosso e infine le dimissioni della Busi.
Nel 2010 sotto l’egida di Minzolini si completa il “ cambio di sangue” nelle redazioni allorquando giornalisti di grande esperienza e autorevolezza vengono sacrificati al progetto di sostituzione della vecchia guardia considerata troppo problematica con il “ nuovo” visto come più duttile, più plasmabile, di fatto per togliere sempre più spazio al giornalismo indipendente
Osserva la Busi: “ il punto non è che la linea del giornale sia stata filogovernativa perché il TG1 in certa misura lo è sempre stato. La svolta è stata la trasformazione del TG1 in strumento di battaglia politica”.
E’in questo quadro di integrazione sempre più stretta tra politica mediatizzata e informazione che si va attuando la transizione dal “governare è comunicare al comunicare è governare”mediante la quale l’espugnazione della coscienza degli italiani è avvenuta a spese dell’autonomia di pensiero dei giornalisti e dei liberi pensatori.
Tutto questo nell’era del digitale che cambia radicalmente la tipologia del giornalismo televisivo. L’enorme flusso di informazioni che preme a valanga sulle edizioni dei tg impone ritmi di selezione e presentazione assai rapidi che esigono un lavoro di selezione e confezionamento molto veloce e ritmato; ciò si riflette sull’accentramento delle decisioni e lo stravolgimento delle regole e dei ruoli tradizionali che garantivano alla notizia il marchio di genuinità.
Viene così meno la condizione costitutiva del giornalismo ; le notizie “cucinate e confezionate”, tagliate, cucite e manomesse con tecniche e strumenti sottili in modo da ottenere l’effetto voluto, decretano la condanna a morte del giornalismo autentico, quello libero si intende, quello senza casacca , allineato sì ad una linea di governo, ma non prono agli ordini del partito.
Osserva Ennio Remondino:
“Con l’avanzare del nuovo ciò che conta non è più la verità o la coscienza personale del professionista bensì il gradimento da parte di chi comanda. Anche la gerarchia rovescia la logica della sua autorità : non vale più la logica del sapere ma la forza del possedere. Possedere grado,danaro e benefits, possedere visibilità e ribalta. Anche nel mondo del giornalismo vige la logica del: “io possiedo, io sono”che si apre la via nel solco del degrado progressivo del servizio pubblico.
Non c’è più spazio per il giornalismo critico e indipendente, per il pensiero pluralistico, per la deontologia professionale che ha fin qui informato la tradizione giornalistica occidentale.
“Siamo chiamati ad essere la voce dei cittadini e non del governo. C’è nella costituzione stessa del giornalismo un dover essere d’opposizione, come condizione costitutiva di una professione che deve informare e formare opinione pubblica e coscienza critica: questa è la grande tradizione del giornalismo in occidente” Così di contro la Busi. Le fa eco la Tagliafico:”Dare voce a chi non ce l’ha. Trovare spazio anche per quei soggetti- e sono numerosi- che non hanno visibilità mediatica perché schiacciati dai protagonisti istituzionali: dal volontariato all’associazionismo,dai fermenti della cultura e per quel mondo, fuori dai confini nazionali, che ha paura del terrorismo e della fame”.
Impossibile non condividere. Per chi non vuole sottostare al gioco è una questione di dignità e la risposta alta e vibrata è NO!
Così Maria Luisa se n’è andata dalla ribalta chiudendo definitivamente la porta dietro di sé.
Ma non ha deposto le armi. Ora parla alle platee dai pulpiti delle piazze ;con il solito piglio battagliero mostra a tutti il vero volto delle “ brutte notizie” quelle che non fanno glamour e si chiudono negli armadi, quelle che si nascondono sotto il tappeto. Portarle alla luce è il suo modo di onorare il vero giornalismo e rendere servizio alla battaglia per l’edificazione della coscienza collettiva.
Grazie Maria Luisa.